Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con il comunicato stampa n.147 dell’1/9/2017, ha reso noto che, al fine di venire incontro alle esigenze dei professionisti, è stato firmato un D.P.C.M. (di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) con il quale viene posticipato dal 16/9/2017 al 28/9/2017 il termine per effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute relative al primo semestre del 2017.
L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con la Norma di comportamento n.199/2017, ha fornito alcune precisazioni in merito alla rilevanza del contenuto letterale delle fatture ai fini dell’IVA e delle imposte sul reddito. Con riferimento all’IVA, è stato precisato che la prescrizione inserita nell’art. 21, commi 1 e 2, lett. g), del D.P.R. 26/10/1972, n.633, secondo cui la fattura deve essere emessa e contenere, fra l’altro, l’indicazione della “natura, qualità e quantità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione”, non comporta, in caso di incompleta, imprecisa o parzialmente erronea descrizione, l’automatica indetraibilità dell’IVA addebitata al cliente, soggetto passivo dell’imposta, se viene dimostrato, con documenti accessori, che sono sussistenti i requisiti sostanziali dell’operazione. Per la deduzione del costo ai fini delle imposte dirette sul reddito, è stato ritenuto che l’esistenza della fattura non è di per sé indispensabile. Ne consegue che, ancorché spesso sia uno dei principali documenti utili alla verifica della corretta determinazione dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi, nondimeno, il contenuto della fattura non è in sé determinante; perché siano deducibili, infatti, i costi possono essere dimostrati con documenti accessori che consentano di valutare se siano inerenti, determinati (o determinabili), imputati al corretto periodo d’imposta ed effettivi.
L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con la Norma di comportamento n.199/2017, ha fornito alcune precisazioni in merito alla rilevanza del contenuto letterale delle fatture ai fini dell’IVA e delle imposte sul reddito. Con riferimento all’IVA, è stato precisato che la prescrizione inserita nell’art. 21, commi 1 e 2, lett. g), del D.P.R. 26/10/1972, n.633, secondo cui la fattura deve essere emessa e contenere, fra l’altro, l’indicazione della “natura, qualità e quantità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione”, non comporta, in caso di incompleta, imprecisa o parzialmente erronea descrizione, l’automatica indetraibilità dell’IVA addebitata al cliente, soggetto passivo dell’imposta, se viene dimostrato, con documenti accessori, che sono sussistenti i requisiti sostanziali dell’operazione. Per la deduzione del costo ai fini delle imposte dirette sul reddito, è stato ritenuto che l’esistenza della fattura non è di per sé indispensabile. Ne consegue che, ancorché spesso sia uno dei principali documenti utili alla verifica della corretta determinazione dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi, nondimeno, il contenuto della fattura non è in sé determinante; perché siano deducibili, infatti, i costi possono essere dimostrati con documenti accessori che consentano di valutare se siano inerenti, determinati (o determinabili), imputati al corretto periodo d’imposta ed effettivi.